Alcuni dipendenti di un gruppo societario campano attivo nella commercializzazione di carburanti sarebbero stati indotti, sotto minaccia a volte anche di morte, a svolgere massacranti turni di lavoro, senza riposi o ferie; ogni mese sarebbero costretti a richiedere e persino supplicare i datori di lavoro per il pagamento dello stipendio corrisposto a piacimento e ben al di sotto del salario minimo previsto. É il contesto scoperto dai finanzieri della Guardia di finanza di Pesaro e dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro (Nil) di Pesaro Urbino, ma anche del Nil di Ancona e Macerata, mediante indagini avviate all’inizio del 2023, hanno arrestato tre persone (due in carcere e una ai domiciliari) tra titolari e gestori di una rete nazionale di distributori di carburante; sequestrati quattro impianti stradali nelle Marche per oltre 2 milioni di euro. Eseguite ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Pesaro su richiesta della Procura pesarese con l’operazione denominata “Manda foto” perché i dipendenti, sotto minaccia di varie ritorsioni, dovevano mandare una foto via Whatsapp per attestare la loro presenza al lavoro: i presunti responsabili di reati che vanno dal cosiddetto caporalato e all’estorsione, fino alla truffa e illeciti penali in materia di immigrazione e di lavoro, sarebbero in particolare gli amministratori di un gruppo societario campano e un loro referente nella zona di Pesaro che avrebbe funto da caporale nel territorio marchigiano e umbro. Da alcune conversazioni intercettate, al personale addetto sarebbero state date inoltre indicazioni per manomettere la corretta funzionalità degli impianti di erogazione o procedere a mescolare prodotti petroliferi: i filtri troppo sporchi e intasati, non dovevano essere sostituiti ma forati. Se il carburante in alcune cisterne non era qualitativamente buono, si miscelava con altra tipologia di carburante/prodotto. Contestualmente a sequestri e arresti eseguite numerose perquisizioni nei luoghi di residenza, dimora degli indagati o sedi delle società coinvolte: le attività hanno interessato i Comuni di Pesaro, Terre Roveresche (Pesaro Urbino), Caserta, Marcianise (Caserta), Milano e Sperlonga (Latina). La complessa e articolata attività di indagine, culminata in arresti e sequestri eseguiti ieri mattina, scaturisce dalle risultanze di una verifica fiscale in materia di accise e delle altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi, eseguita dal Gruppo della Guardia di Finanza di Pesaro ad un distributore stradale rientrante nella categoria delle cosiddette pompe bianche o no logo, cioè distributori di carburante senza marchio, non appartenenti alle grandi compagnie petrolifere. Già nel corso dell’attività di verifica fiscale i finanzieri avevano accertato criticità in ordine al rispetto della normativa giuslavoristica, individuando un lavoratore in nero e rilevando palesi condizioni di sfruttamento nei confronti di alcuni dipendenti. Le conseguenti indagini effettuate in collaborazione con i Carabinieri del Nil di Pesaro e Urbino hanno permesso di ricostruire altri illeciti e individuare i presunti responsabili. Dalle indagini sarebbe emerso che alcuni dipendenti delle società petrolifere fossero indotti, anche sotto minaccia, a svolgere massacranti turni di lavoro, senza riposi, pause, giorni festivi, permessi o ferie. Grazie ai numerosi servizi di osservazione e pedinamento, e al ricorso ad attività tecniche di intercettazioni telefoniche e utilizzo di telecamere nascoste, gli investigatori sono riusciti a documentare lo stato di sfruttamento dei lavoratori, sottopagati ed esposti a turni di lavoro incessanti, che sarebbero stati costretti a vivere in sgabuzzini interni ai distributori stradali, in precarie condizioni igienico-sanitarie. Le indagini avrebbero documentato inoltre nelle Marche numerosi episodi di caporalato e di estorsione avvenuti nei confronti di alcuni lavoratori, tutti di nazionalità extracomunitaria, compiuti con azioni intimidatorie e vessatorie. I lavoratori erano obbligati ad attestare la loro presenza sul posto di lavoro attraverso foto e video che, quotidianamente o su richiesta, dovevano inoltrare ai loro datori di lavoro. Nella pratica, accadeva che il datore di lavoro, tramite messaggio Whatsapp con un testo scritto “manda foto” – e da qui il nome attribuito all’operazione – richiedeva al dipendente di turno l’invio di una foto o di un breve video a testimonianza della sua presenza sul posto di lavoro. L’inosservanza a tale adempimento, secondo gli investigatori, si traduceva per il lavoratore, nella migliore delle ipotesi, nella minaccia di sospensione dello stipendio o di licenziamento immediato e nei casi più gravi, in minacce di morte e di compromissione della incolumità personale dei lavoratori. Infine dalle intercettazioni telefoniche sarebbero emerse indicazioni date dagli indagati al personale addetto alla manutenzione dei distributori stradali sulle procedure da seguire per manomettere la corretta funzionalità degli impianti di erogazione o su come procedere alla mescola dei vari prodotti petroliferi. Secondo l’accusa, ciò testimonierebbe la volontarietà degli indagati nell’illecita immissione in commercio di prodotto sporco, non depurato da rimanenze e depositi, di scarsa qualità e capace di procurare danni irreversibili al motore e, conseguentemente, economici agli inconsapevoli utenti.
Costretti a svolgere massacranti turni di lavoro per una società di distribuzione carburanti: perquisizioni anche a Marcianise [Guarda video]
6 Feb 2024
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