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Protocollate 15 firme per “sfiduciare” Zarrillo Maietta. L’Udc si prepara ad espellere i consiglieri firmatari

Colpo di scena nella vicenda politica di Marcianise. Venerdì 1 luglio, verso le 14.00, è stato depositato presso il protocollo del Comune di Marcianise un documento che di fatto sfiducerebbe il Presidente del Consiglio Comunale Angelo Zarrillo Maietta. A firmare il documento sono stati i 4 consiglieri comunali del Pdl (Omarto, G. Tartaglione, Grillo e P. Tartaglione), i due consiglieri di Vento di Centro (Scialla e Zibideo), i due Popolari Liberali (T. Acconcia e G. Tartaglione), i 5 consiglieri Udc (A. Tartaglione Senior, P. Salzillo, Laurenza, Topo e R. Salzillo), il consigliere indipendente Delle Curti e lo stesso sindaco Antonio Tartaglione. In totale 15 firme, una in meno rispetto a quelle che serviranno in aula per “dimissionare” Zarrillo Maietta. Nella maggioranza di centrodestra non hanno firmato i tre consiglieri del gruppo misto (Valentino, Sagliano e Gionti) e i 4 consiglieri dell’Udc (N. Tartaglione, Foglia, Siciliano e lo stesso Zarrillo Maietta).
La materia è regolamentata dall’articolo 12 bis dello Statuto Comunale che parla nello specifico di revoca e non di “sfiducia” come si era erroneamente detto nelle scorse settimane. In particolare il comma 2 recita “Il Presidente del Consiglio, per gravi e comprovati motivi, può essere revocato. La proposta di revoca deve essere motivata e sottoscritta da almeno 1/3 dei consiglieri assegnati. La proposta viene messa in discussione non prima di venti giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Nella trattazione dei vari argomenti posti all’ordine del giorno del Consiglio, la proposta di revoca ha prevalenza su tutti gli altri“. Al comma 3 invece si dice che “La proposta di revoca deve essere approvata con voto palese della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Si procede con voto segreto qualora lo richiedano almeno 1/3 dei consiglieri assegnati“. Infine al comma 4 si dispone che “La seduta in cui si discute e si vota la proposta di revoca è presieduta dal vice Presidente“.
Prima di parlare delle conseguenze politiche dell’atto è importante fare alcune considerazioni tecniche. Il meccanismo messo in moto dai consiglieri firmatari prevede che, inevitabilmente, entro la fine del mese di luglio il documento di revoca dovrà essere votato. Stante ai numeri attuali la “nuova” maggioranza, perchè di questo si tratta e lo spiegheremo più avanti, da sola non riesce a far passare il documento ed abbisogna dei voti della minoranza. Sulla vicenda l’unico partito che ha già pubblicamente dichiarato che voterà a favore è stato il Partito Democratico. Gli altri partiti della minoranza non si sono ancora espressi, ma sono in atto tentativi di portare avanti una sola linea. Non si sa, inoltre, se i consiglieri comunali voteranno con voto palese o segreto. La seconda ipotesi è molto più pobabile e le eventuali defezioni potrebbero essere camuffate e creare scompiglio sia tra la maggioranza che tra le fila della minoranza. Si può agevolmente capire, quindi, che la situazione è a dir poco esplosiva con conseguenze che potrebbero anche portare nel breve o medio periodo alla chiusura dell’attuale consiliatura.
La prima conseguenza politica, già in atto, si può pacificamente leggere dalle dichiarazioni rese proprio ieri sera dal coordinatore provinciale dell’Udc Angelo Consoli, attraverso una puntuale e chiarissima nota stampa [1], mettendo in mora i consiglieri comunali dell’Udc, diffidandoli dal firmare il documento di sfiducia a Zarrillo Maietta. E’ naturale ora aspettarsi che i firmatari con tessera Udc vengano messi fuori dal partito. Altra conseguenza potrebbe essere che ai tre assessori (P. Salzillo, F. Zinzi e G. Salzillo) possa essere chiesto di congelare la loro posizione nell’esecutivo o addirittura rimettere le deleghe nelle mani del partito, a meno di improbabili, ma pur sempre possibili, cambi di casacca. Insomma il meccanismo attivato assomiglia sotto certi aspetti ad un reattore nucleare, una volta acceso non sarà facile spegnerlo e lascerà sul campo conseguenze, che come le “scorie” sono molto difficili da smaltire.
Il sindaco Antonio Tartaglione e la sua nuova maggioranza, appaiono oggi più come degli avventurieri che come una vera e propria squadra di governo. Come già detto in un precedente articolo, ammesso che l’obiettivo venga raggiunto, la nuova compagine di governo appare un quadro molto sbiadito della maggioranza di centrodestra uscita vincitrice dalle elezioni di appena due anni fa. Senza il partito architrave della coalizione, l’Udc; con un Pdl spurio sia perchè manca della parte strutturale e storica rappresentata dall’ex vicesindaco Paride Amoroso, sia perchè è stata arricchita da elementi eletti nelle fila del centrosinistra; senza una configurazione politica che possa essere inquadrata all’interno di una qualche fattispecie esistente nell’arco degli schemi tipici della politica italiana. Probabilmente il nuovo corso che Tartaglione si appresta ad inaugurare, qualora dovesse riuscire nel suo intento, è una “terza via” che prenderebbe le distanze dalla dicotomia proposta e riproposta, con varie sfaccettature, negli ultimi 30 anni all’ombra dei lecci di Piazza Umberto I. Quest’ultimo aspetto è indubbiamente interessante, ma se fosse realmente questa l’intenzione del sindaco, allora avrebbe il dovere di sottoporre la “nuova” proposta direttamente alla città, perchè questa si è espressa in maniera assolutamente difforme a ciò che sembra configurarsi al vertice del governo comunale. In poche parole il sindaco, se davvero si fosse reso conto che alcuni elementi, non secondari della scena politica locale suoi alleati, siano stati, o tuttora siano, da intralcio alla piena estrinsecazione della sua azione amministrativa, questi ostacoli non si possono sorvolare attraverso epurazioni e in seguito plasmando a proprio piacimento una nuova compagine di maggioranza senza chiedere il permesso agli elettori. Si rischia, in definitiva, di creare un “Frankenstein [2]“, ma in tal caso la storia, come tutti sanno, finisce tragicamente.